𝙉𝙀𝙇 𝙈𝙀𝘿𝙄𝙊𝙀𝙑𝙊 𝙉𝙊𝙉 𝙎𝙄 𝘼𝘾𝘾𝙀𝙏𝙏𝘼 𝙈𝘼𝙄 𝙐𝙉 𝙄𝙉𝙑𝙄𝙏𝙊 𝘼𝘿 𝙐𝙉 𝘽𝘼𝙉𝘾𝙃𝙀𝙏𝙏𝙊

L’episodio delle 𝙉𝙤𝙯𝙯𝙚 𝙍𝙤𝙨𝙨𝙚 è uno dei momenti più cruenti e famosi di 𝙂𝙖𝙢𝙚 𝙤𝙛 𝙏𝙝𝙧𝙤𝙣𝙚𝙨 di 𝙂𝙚𝙤𝙧𝙜𝙚 𝙍.𝙍. 𝙈𝙖𝙧𝙩𝙞𝙣.

Il massacro perpetrato durante il banchetto nuziale per il matrimonio di 𝙀𝙙𝙢𝙪𝙣𝙙 𝙏𝙪𝙡𝙡𝙮 e 𝙍𝙤𝙨𝙡𝙞𝙣 𝙁𝙧𝙚𝙮 spicca per la sua brutalità: con un bagno di violenza si conclude la ribellione del Nord, fedele agli 𝙎𝙩𝙖𝙧𝙠.

Con il sottofondo della canzone celebrativa dei 𝙇𝙖𝙣𝙣𝙞𝙨𝙩𝙚𝙧 (𝑇ℎ𝑒 𝑅𝑎𝑖𝑛𝑠 𝑂𝑓 𝐶𝑎𝑠𝑡𝑎𝑚𝑒𝑟𝑒) 𝙍𝙤𝙗𝙗 𝙎𝙩𝙖𝙧𝙠, figlio ed erede di 𝙀𝙙𝙙𝙖𝙧𝙙, re di Grande Inverno, assieme alla neo-sposa ed alla madre 𝘾𝙖𝙩𝙚𝙡𝙮𝙣 𝙏𝙪𝙡𝙡𝙮, viene brutalmente assassinato per mano degli sgherri di 𝙇𝙤𝙧𝙙 𝙁𝙧𝙚𝙮 e degli scherani dei 𝘽𝙤𝙡𝙩𝙤𝙣, e con lui gran parte dei 3.500 soldati al seguito del Re del Nord.

Apparentemente una storia come questa sembrerebbe appannaggio di un romanzo fantasy ma, come dimostrano le fonti storiche, una scena simile ripercorre vicende realmente accadute.

Lo stesso autore Martin afferma di essersi ispirato a due episodi che appartengono alla storia della Scozia.

𝙇𝙖 𝘽𝙇𝘼𝘾𝙆 𝘿𝙄𝙉𝙉𝙀𝙍 𝙚 𝙞𝙡 𝙈𝘼𝙎𝙎𝘼𝘾𝙍𝙊 𝘿𝙄 𝙂𝙇𝙀𝙉𝘾𝙊𝙀.

La 𝘽𝙇𝘼𝘾𝙆 𝘿𝙄𝙉𝙉𝙀𝙍 (la 𝘾𝙚𝙣𝙖 𝙉𝙚𝙧𝙖) risale al novembre del 1440 quando, durante la guerra tra la Scozia e il 𝘾𝙡𝙖𝙣 𝙙𝙚𝙞 𝘿𝙤𝙪𝙜𝙡𝙖𝙨, una potente famiglia del reame, la corte del giovanissimo re 𝙂𝙞𝙖𝙘𝙤𝙢𝙤 𝙄𝙄 𝙙𝙞 𝙎𝙘𝙤𝙯𝙞𝙖 (il monarca aveva appena dieci anni e non poteva governare senza consiglieri) decise di proporre una tregua al Clan, garantendo ospitalità ai giovani eredi della famiglia Douglas nel Castello di Edimburgo. I giovani furono accolti con una festa e con dell’ottima musica ma, dopo la cena, al sedicenne 𝘿𝙖𝙫𝙞𝙙 𝘿𝙤𝙪𝙜𝙡𝙖𝙨 e al quindicenne 𝙒𝙞𝙡𝙡𝙞𝙖𝙢 𝘿𝙤𝙪𝙜𝙡𝙖𝙨 fu portato un piatto con la testa mozzata di un toro nero.

Era il segnale: improvvisamente la musica cessò e tutti gli uomini del Clan furono massacrati, mentre gli eredi della famiglia portati nel cortile e decapitati senza pietà.

Il 𝙈𝘼𝙎𝙎𝘼𝘾𝙍𝙊 𝘿𝙄 𝙂𝙇𝙀𝙉𝘾𝙊𝙀, invece, è datato 1692, quando 38 membri del 𝘾𝙡𝙖𝙣 𝙙𝙚𝙞 𝙈𝙖𝙘𝘿𝙤𝙣𝙖𝙡𝙙 furono massacrati nella stessa notte in tre differenti feste.

Episodi simili però si rintracciano anche in altre famiglie blasonate europee.

𝙄𝙡 𝘽𝘼𝙉𝘾𝙃𝙀𝙏𝙏𝙊 𝘿𝙄 𝙎𝘼𝙉𝙂𝙐𝙀 𝘿𝙄 𝙍𝙊𝙎𝙆𝙄𝙇𝘿𝙀.

𝙎𝙫𝙚𝙣 𝙄𝙄𝙄 𝙀𝙧𝙞𝙠𝙨𝙨𝙤𝙣, re della Zelanda, figlio bastardo di re 𝙀𝙧𝙞𝙠 𝙄𝙄 𝙀𝙢𝙪𝙣𝙚 cioè 𝙞𝙡 𝙈𝙚𝙢𝙤𝙧𝙖𝙗𝙞𝙡𝙚, morto per mano di un nobile che lo infilzò con una lancia, e dopo l’abidicazione del cugino 𝙀𝙧𝙞𝙠 𝙄𝙄𝙄 𝙎𝙥𝙧𝙤𝙜 cioè 𝙞𝙡 𝙈𝙞𝙩𝙚, era stato eletto re di Danimarca, ma aveva trovato l’opposizione dei cugini 𝘾𝙖𝙣𝙪𝙩𝙤 𝙑, re dello Jutland, e 𝙑𝙖𝙡𝙙𝙚𝙢𝙖𝙧𝙤 𝙄 𝙞𝙡 𝙂𝙧𝙖𝙣𝙙𝙚.

L’elezione di Sven fu l’epilogo di una guerra civile lunga dieci anni conclusasi nel 1152 con la convocazione davanti al tribunale dell’imperatore 𝙁𝙚𝙙𝙚𝙧𝙞𝙘𝙤 𝙄 𝙃𝙤𝙝𝙚𝙣𝙨𝙩𝙖𝙪𝙛𝙚𝙣, il 𝘽𝙖𝙧𝙗𝙖𝙧𝙤𝙨𝙨𝙖.

Deciso a porre fine alle diatribe con i suoi cugini, 𝙎𝙫𝙚𝙣 𝙄𝙄𝙄 organizzò il 9 Agosto 1157 un banchetto rivelatosi una trappola per i suoi familiari: durante il convivio 𝘾𝙖𝙣𝙪𝙩𝙤 fu fatto assassinare, mentre 𝙑𝙖𝙡𝙙𝙚𝙢𝙖𝙧𝙤 si salvò dal massacro solo a causa del suo arrivo in ritardo al banchetto.

Raccolti intorno a sé i propri partigiani e quelli di 𝘾𝙖𝙣𝙪𝙩𝙤, 𝙑𝙖𝙡𝙙𝙚𝙢𝙖𝙧𝙤 sconfisse l’odiato 𝙎𝙫𝙚𝙣 𝙄𝙄𝙄 nella 𝘽𝙖𝙩𝙩𝙖𝙜𝙡𝙞𝙖 𝙙𝙞 𝙂𝙧𝙖𝙩𝙝𝙚 𝙃𝙚𝙖𝙩𝙝 e, con la morte del cugino, rimase l’unico padrone del regno, dando inizio a un lungo periodo di pace e prosperità per il Regno di Danimarca.

𝙇𝙖 𝙉𝙊𝙏𝙏𝙀 𝘿𝙄 𝙎𝘼𝙉 𝘽𝘼𝙍𝙏𝙊𝙇𝙊𝙈𝙀𝙊.

La morte improvvisa del sovrano 𝙀𝙣𝙧𝙞𝙘𝙤 𝙄𝙄 𝙙𝙞 𝙑𝙖𝙡𝙤𝙞𝙨 nel 1559 lasciò la Francia nelle mani dei suoi tre figli: 𝙁𝙧𝙖𝙣𝙘𝙚𝙨𝙘𝙤 𝙄𝙄, 𝘾𝙖𝙧𝙡𝙤 𝙄𝙓 e 𝙀𝙣𝙧𝙞𝙘𝙤 𝙄𝙄𝙄.

Mentre questi ultimi si avvicendavano sul trono paterno, a tenere effettivamente le redini del paese era la vedova 𝘾𝙖𝙩𝙚𝙧𝙞𝙣𝙖 𝙙𝙚’ 𝙈𝙚𝙙𝙞𝙘𝙞, mal vista dalla popolazione per il fatto di essere una donna straniera.

Anche se la maggior parte dei ceti cittadini rimase fedele al Cattolicesimo, i protestanti riescivano a trovare in Francia larghi consensi. I calvinisti francesi, chiamati “ugonotti” (huguenots), faceva breccia prevalentemente tra i contadini, intrecciando alle istanze religiose le rivendicazioni delle libertà feudali contro l’assolutismo monarchico.

La nobiltà francese, a quel punto, si divise in due opposti schieramenti: da una parte i 𝙂𝙪𝙞𝙨𝙖, paladini del Cattolicesimo; dall’altro lato i 𝘽𝙤𝙧𝙗𝙤𝙣𝙚, sostenitori del Calvinismo. Entrambi erano strettamente imparentati con la casa regnante dei Valois.

L’episodio, però, più famoso nell’ambito delle guerre di religione in Francia si verificò a Parigi la notte del 23-24 agosto 1572. In occasione del matrimonio fra la sorella del re, 𝙈𝙖𝙧𝙜𝙝𝙚𝙧𝙞𝙩𝙖 𝙙𝙞 𝙑𝙖𝙡𝙤𝙞𝙨, e il protestante 𝙀𝙣𝙧𝙞𝙘𝙤 𝙄𝙑 𝙙𝙞 𝘽𝙤𝙧𝙗𝙤𝙣𝙚, re di Navarra e futuro re di Francia, confluirono nella capitale migliaia di ugonotti. L’unione tra i due rappresentò, infatti, un tentativo di riconciliazione tra cattolici e protestanti.

L’ordine di scatenare la caccia agli ugonotti convenuti in città arrivò dalla fazione cattolica facente capo ai 𝙙𝙪𝙘𝙝𝙞 𝙙𝙞 𝙂𝙪𝙞𝙨𝙖 e appoggiata dal re 𝘾𝙖𝙧𝙡𝙤 𝙄𝙓, dal fratello 𝙀𝙣𝙧𝙞𝙘𝙤 e dalla regina madre 𝘾𝙖𝙩𝙚𝙧𝙞𝙣𝙖 𝙙𝙚’ 𝙈𝙚𝙙𝙞𝙘𝙞. Gli esecutori persero però il controllo della situazione e l’eccidio durante la 𝙣𝙤𝙩𝙩𝙚 𝙙𝙞 𝙎𝙖𝙣 𝘽𝙖𝙧𝙩𝙤𝙡𝙤𝙢𝙚𝙤 diventò indiscriminato; parte della popolazione, scoperta la strage al mattino, partecipò ai massacri incoraggiata anche dai preti che incitavano a sterminare anche gli studenti stranieri e i librai, considerati tutti protestanti.

Lo stesso 𝙀𝙣𝙧𝙞𝙘𝙤 𝙙𝙞 𝘽𝙤𝙧𝙗𝙤𝙣𝙚 rischiò di perdere la vita nell’eccidio. Secondo le stime più attendibili murirono tra le 5.000 e le 30.000 persone, comprese donne e bambini. A nulla servì l’ordine, giunto dal re il 24 agosto, di cessare immediatamente il massacro: la strage proseguì, diventando “il peggiore dei massacri religiosi del secolo” e macchiando il matrimonio reale come le 𝙉𝙤𝙯𝙯𝙚 𝙑𝙚𝙧𝙢𝙞𝙜𝙡𝙞𝙚.

𝙇𝙚 𝙉𝙊𝙕𝙕𝙀 𝙍𝙊𝙎𝙎𝙀 𝘿𝙄 𝙋𝙀𝙍𝙐𝙂𝙄𝘼.

Le vere 𝙉𝙤𝙯𝙯𝙚 𝙍𝙤𝙨𝙨𝙚 furono, però, quelle che si celebrarono per il matrimonio di 𝘼𝙨𝙩𝙤𝙧𝙧𝙚 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 con 𝙇𝙖𝙫𝙞𝙣𝙞𝙖 𝘾𝙤𝙡𝙤𝙣𝙣𝙖 martedì 14 e mercoledì 15 luglio 1500 sul Colle Landone e che trascinarono la città di Perugia in tre giorni di omicidi e paura.

I 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, signori della città, furono assassinati nelle loro case ed i loro cadaveri gettati nudi dalle finestre rimasero per ore sanguinanti nelle strade, in balia degli animali randagi.

La città era appena uscita da due settimane di festeggiamenti per le nozze tra il trentenne condottiero 𝘼𝙨𝙩𝙤𝙧𝙧𝙚 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, figlio di 𝙂𝙪𝙞𝙙𝙤, il patriarca della famiglia, e 𝙇𝙖𝙫𝙞𝙣𝙞𝙖 𝘾𝙤𝙡𝙤𝙣𝙣𝙖, celebrate con grande sfarzo domenica 28 giugno. Ospiti e curiosi erano arrivati da tutte le signorie dell’Italia centrale, dai castelli e dai borghi vicini delle Marche, della Toscana e dall’Abruzzo, per assistere all’alleanza fra due delle principali famiglie dello Stato della Chiesa.

Cene all’aperto, danze e spettacoli in piazza avevano animato la città. Il pranzo nuziale, dato l’altissimo numero di invitati, era stato organizzato in Piazza Maggiore.

La famiglia 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, radunata quasi al completo, aveva in parte allentato le difese. Di questa rilassatezza pensò di servirsi 𝘾𝙖𝙧𝙡𝙤 𝙙𝙞 𝙊𝙙𝙙𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 detto 𝙞𝙡 𝘽𝙖𝙧𝙘𝙞𝙜𝙡𝙞𝙖, cugino del neosposo, per prendere il potere in città eliminando i familiari, con la complicità di alcuni rivali della casata e dei consanguinei. Tra gli altri 𝙂𝙞𝙧𝙤𝙡𝙖𝙢𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙋𝙚𝙣𝙣𝙖, 𝘽𝙚𝙧𝙖𝙧𝙙𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝘾𝙤𝙧𝙣𝙞𝙖 e 𝙁𝙞𝙡𝙞𝙥𝙥𝙤 𝙙𝙞 𝘽𝙧𝙖𝙘𝙘𝙞𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 detto 𝙞𝙡 𝘽𝙖𝙨𝙩𝙖𝙧𝙙𝙤.

Per legittimare l’eccidio, il 𝘽𝙖𝙧𝙘𝙞𝙜𝙡𝙞𝙖 coinvolse nella congiura anche il ventiduenne 𝙂𝙧𝙞𝙛𝙤𝙣𝙚𝙩𝙩𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, per discendenza legittimo erede della città. La notte di martedì i congiurati penetrarono nelle case dei 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, concentrate sul Colle Landone, e fecerono strage: nelle loro stanze furono trucidati 𝙂𝙞𝙨𝙢𝙤𝙣𝙙𝙤, suo padre 𝙂𝙪𝙞𝙙𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 e il cugino 𝙎𝙞𝙢𝙤𝙣𝙚𝙩𝙩𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, fratello di 𝙂𝙞𝙖𝙣 𝙋𝙖𝙤𝙡𝙤.

𝙁𝙞𝙡𝙞𝙥𝙥𝙤 𝙙𝙞 𝘽𝙧𝙖𝙘𝙘𝙞𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 sorprese 𝘼𝙨𝙩𝙤𝙧𝙧𝙚 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 nel sonno dandogli la morte, senza che egli potesse in alcuna modo difendersi. 𝙁𝙞𝙡𝙞𝙥𝙥𝙤 𝙙𝙞 𝘽𝙧𝙖𝙘𝙘𝙞𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 estrasse allora il cuore dal petto del defunto per morderlo ferocemente, abbandonandone poi il corpo nudo in mezzo alla strada.

Alle prime ore del 15 Luglio i congiurati si presentarono al popolo e alle magistrature perugine come i liberatori dalla tirannide ed i nuovi signori della città, ma non ottennero consensi e il loro potere durò un solo giorno. Non tutti i familiari della fazione di 𝙂𝙪𝙞𝙙𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 infatti erano stati uccisi. Gli assassini entrati nella casa di 𝙂𝙞𝙖𝙣 𝙋𝙖𝙤𝙡𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, guidati da 𝙂𝙧𝙞𝙛𝙤𝙣𝙚𝙩𝙩𝙤 – forse per un pentimento di quest’ultimo o forse per averlo confuso nel buio con il suo paggio – gli avevano lasciato il tempo di imbracciare la spada e difendersi, per poi trovare scampo saltando nudo sui tetti da una finestra.

𝙂𝙞𝙖𝙣 𝙋𝙖𝙤𝙡𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 riuscì a scappare e a raggiungere Marsciano per chiedere aiuto all’amico e condottiero di ventura 𝙑𝙞𝙩𝙚𝙡𝙡𝙤𝙯𝙯𝙤 𝙑𝙞𝙩𝙚𝙡𝙡𝙞, che lì era accampato con i suoi uomini.

Dopo soli due giorni dalla strage, alla testa di un esercito, acclamato dai cittadini, 𝙂𝙞𝙖𝙣 𝙋𝙖𝙤𝙡𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 rientrò in città. 𝘾𝙖𝙧𝙡𝙤 𝙙𝙞 𝙊𝙙𝙙𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞 detto 𝙞𝙡 𝘽𝙖𝙧𝙘𝙞𝙜𝙡𝙞𝙖, e 𝙂𝙞𝙧𝙤𝙡𝙖𝙢𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙋𝙚𝙣𝙣𝙖 non opposero resistenza, preferendo la fuga. L’unico dei congiurati a rimanere fu 𝙂𝙧𝙞𝙛𝙤𝙣𝙚𝙩𝙩𝙤 che andò incontro a 𝙂𝙞𝙖𝙣 𝙋𝙖𝙤𝙡𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, il quale per non macchiarsi del sangue di un congiunto, pare lo fece uccidere dai propri soldati.

Tale avvenimento fu definito dal fiorentino Niccolò Machiavelli “pubblico parricida”.

[…] 𝐸𝑛𝑡𝑟𝑎 𝑖𝑙 𝑔𝑟𝑎𝑛 𝑓𝑎𝑙𝑐𝑜 𝑑𝑎 𝑆𝑎𝑛𝑡’𝐸𝑟𝑐𝑜𝑙𝑎𝑛𝑜

𝑒 𝑖𝑛𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑎 𝑖𝑙 𝑓𝑖𝑔𝑙𝑖𝑜 𝑑’𝐴𝑡𝑎𝑙𝑎𝑛𝑡𝑎. «𝐴𝑑𝑑𝑖𝑜,

𝑡𝑟𝑎𝑑𝑖𝑡𝑜𝑟𝑒 𝐺𝑟𝑖𝑓𝑜𝑛𝑒: 𝑠𝑒𝑖 𝑝𝑢𝑟 𝑞𝑢𝑎!

𝑁𝑜𝑛 𝑡’𝑎𝑚𝑚𝑎𝑧𝑧𝑜. 𝑁𝑜𝑛 𝑣𝑜’ 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝑚𝑎𝑛𝑜

𝑖𝑜 𝑛𝑒𝑙 𝑚𝑖𝑜 𝑠𝑎𝑛𝑔𝑢𝑒. 𝑉𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝐷𝑖𝑜.»

𝐸 𝑠𝑝𝑟𝑜𝑛𝑎 𝑖𝑛𝑛𝑎𝑛𝑧𝑖 𝑎 𝑝𝑟𝑒𝑛𝑑𝑒𝑟 𝑙𝑎 𝑐𝑖𝑡𝑡𝑎. […]

Gabriele d’Annunzio – LE LAUDI – ELETTRA – Le citta del silenzio (1904)

[…] 𝐺𝑟𝑖𝑓𝑜𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 𝐵𝑎𝑔𝑙𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑐𝑜𝑙 𝑠𝑢𝑜 𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑎𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 𝑡𝑟𝑎𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜, 𝑖𝑙 𝑏𝑒𝑟𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑔𝑒𝑚𝑚𝑎𝑡𝑜 𝑒 𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑐𝑖 𝑖𝑛 𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑎𝑐𝑎𝑛𝑡𝑜, 𝑐ℎ𝑒 𝑢𝑐𝑐𝑖𝑠𝑒 𝐴𝑠𝑡𝑜𝑟𝑟𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑠𝑝𝑜𝑠𝑎 𝑒 𝑆𝑖𝑚𝑜𝑛𝑒𝑡𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑙 𝑠𝑢𝑜 𝑝𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜, 𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑒𝑟𝑎 𝑑𝑖 𝑢𝑛𝑎 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑏𝑒𝑙𝑙𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑔𝑖𝑎𝑐𝑞𝑢𝑒 𝑚𝑜𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑖𝑎𝑧𝑧𝑎 𝑔𝑖𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖 𝑃𝑒𝑟𝑢𝑔𝑖𝑎 𝑐𝑜𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑙’𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑜𝑑𝑖𝑎𝑡𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑙𝑎𝑐𝑟𝑖𝑚𝑒 𝑒 𝐴𝑡𝑎𝑙𝑎𝑛𝑡𝑎, 𝑐ℎ𝑒 𝑙’𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑚𝑎𝑙𝑒𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜, 𝑙𝑜 𝑏𝑒𝑛𝑒𝑑𝑖𝑠𝑠𝑒. […]

Oscar Wilde – IL RITRATTO DI DORIAN GRAY (1890)

La madre di 𝙂𝙧𝙞𝙛𝙤𝙣𝙚𝙩𝙩𝙤, 𝘼𝙩𝙖𝙡𝙖𝙣𝙩𝙖 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, commissionò ad un giovane 𝙍𝙖𝙛𝙛𝙖𝙚𝙡𝙡𝙤 𝙎𝙖𝙣𝙯𝙞𝙤, allora allievo del 𝙋𝙚𝙧𝙪𝙜𝙞𝙣𝙤, una 𝘿𝙚𝙥𝙤𝙨𝙞𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙞 𝘾𝙧𝙞𝙨𝙩𝙤 (ora esposta nella Galleria Borghese) da collocare sopra l’altare della tomba, al fine di glorificare la memoria del figlio. Nel quadro appaiono i ritratti di 𝙂𝙧𝙞𝙛𝙤𝙣𝙚𝙩𝙩𝙤 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞, di 𝙕𝙚𝙣𝙤𝙗𝙞𝙖, moglie di 𝙂𝙧𝙞𝙛𝙤𝙣𝙚𝙩𝙩𝙤, e di 𝘼𝙩𝙖𝙡𝙖𝙣𝙩𝙖 𝘽𝙖𝙜𝙡𝙞𝙤𝙣𝙞.

Nell’immagine una scena delle 𝙉𝙤𝙯𝙯𝙚 𝙍𝙤𝙨𝙨𝙚 𝙙𝙞 𝙂𝙖𝙢𝙚 𝙤𝙛 𝙏𝙝𝙧𝙤𝙣𝙚𝙨 – stagione 3 – episodio 9